Where did you sleep last night?

Turner staccò lo spinotto del portatile e si alzò in fretta dal letto dell'infermeria. Era andato tutto liscio fino a quel momento: Miamoto, Saryu e Taiji erano riusciti a recuperare informazioni ad Okinawa, e Johnson, che ce li aveva portati con un elicottero, non si era ancora fatto intercettare. Le immagini dal satellite su Okinawa venivano bloccate, ma attraverso quelle nei dintorni dell'isola Turner era riuscito a guidare l'americano lontano dalle navi di sorveglianza.
Ma proprio quando stavano per raggiungere la città di Ie li avevano beccati, e gli avevano intimato via radio di tornare sull'isola per un controllo.

"Mark, facciamo come ci dicono, atterriamo!" stava dicendo, qualcuno, sull'elicottero. Turner li sentiva dagli auricolari grazie ad Hearts7.
Si sentì un click, "ecco, risolto il problema."
"...Spegnendo la radio!?"

Il suono che seguì invece non fu per niente bello: una raffica di mitragliatrice.
"Ehi, state bene!?" urlò Turner mentre correva per i corridoi della base, col portatile sottobraccio. Ma in risposta ottenette solo un vociare confuso. La situazione su quell'elicottero doveva essere drammatica.
Comunque non era quella la sola cosa che lo preoccupava: la telecamera sull'hangar degli RG stava ondeggiando, facendo tremare il video. Stava per succedere qualcosa, se lo sentiva. Quando i piloti sono in pericolo, gli RG non stanno a guardare.

A metà strada fra l'infermeria e l'hangar, Turner si infilò in un bagno, e si chiuse dentro. Una disperazione atroce e pungente si stava affacciando dentro di se. Perché non era con loro? Perché era rimasto alla base, perché aveva fatto quel dannato patto con Ishii?
Ma la ricacciò indietro, doveva pensare velocemente. Innanzitutto doveva sapere dov'era il suo Defender, che ufficialmente stava venendo riparato dopo il sacrificio di Seul.
Si sedette su un water chiuso, si tolse gli auricolari, e si concentrò. Richiamò alla mente i consigli sulla meditazione che gli aveva dato Saryu. Di fronte a lei non era riuscito a concentrarsi un granché, doveva ammetterlo, ma adesso era più semplice.

"Fratello mio" sussurrò, mentre pensava al Defender "dove sei?"

A un tratto la cabina della toilette non c'era più. Era sospeso in un liquido, degli elettrodi erano infilati nella sua carne, e il suo corpo era lacero: ci mancavano i pezzi che il Defender aveva lasciato a Seul.
Aprì gli occhi di scatto, era di nuovo a Dogo. Si asciugò le lacrime, pur non ricordandosi di averle versate. Niente Defender, per questa volta.

Intanto il portatile gli stava mostrando che nell'hangar era davvero successo qualcosa. Il fumo copriva la visuale, ma dai microfoni si sentivano urla e ordini frenetici.

Si precipitò nell'hangar e fu subito chiaro cos'era accaduto: Kālī non c'era, la sua gabbia era distrutta e il portellone sul soffitto divelto. Molti dei suoi meccanici erano ustionati, e il fumo ancora ricopriva ogni cosa.
Alan stava tremando. Guardò la gabbia vuota del Defender, e la sua mancanza lo colpì come una pugnalata al petto (che in effetti gli faceva ancora male dalla volta in cui si era estratto l'entry plug...). Si rimise gli auricolari, ma Hearts7 aveva perso le connessioni con gli altri piloti. Erano morti? Era colpa sua? Serrò i pugni. Doveva fare qualcosa. Anche stupido, ma se fosse rimasto per l'ennesima volta a guardare, per paura di ritorsioni, sarebbe impazzito.

La cabina di pilotaggio dello Shogun era molto diversa dalla sua. In lontananza vedeva i comandi, e intuì subito come si usavano. Ma non era quello il problema.
Si sentiva come un coniglio zoppo in mezzo ad un branco di lupi. Una presenza esterna, aliena, incombeva su di lui. Lo Shogun non era contento di averlo a bordo.
Turner si tolse le scarpe e si inginocchiò, ponendo le mani sulle ginocchia. E qui più o meno finivano le sue conoscenze sul costume giapponese...
Estrasse il cellulare, e chiamò la protezione civile di Ie. "Vorrei segnalare la possibile presenza di feriti nella zona davanti al porto, mandate subito qualcuno"
"Grazie per la segnalazione" rispose una educata voce "Potrei sapere le sue generalità?"
"Robert Popent" disse il giovane, poi attaccò, guardandosi intorno.
"Quella era per Miam.. Geshiro." disse a voce alta. "Sono in pericolo, dobbiamo salvarli." La sensazione però non era cambiata. Cercò di raggiungere i comandi, ma non ce la fece, era paralizzato dal terrore, dal rispetto che incuteva quel luogo. Era come un tempio.
Il giovane allora crollò sotto il peso della propria impotenza. Tra un singhiozzo e l'altro, parlò all'RG.
"Ho sbagliato tutto, ok? Sono un coglione, un codardo! Se fossi uno Shogun mi faresti decapitare. Li ho lasciati andare da soli, e adesso forse stanno morendo. O forse no, forse Kālī li ha salvati, e adesso è l'intera città di Ie che deve essere salvata da Kālī."
Giunse le mani e continuò, supplichevole, tra le lacrime.
"Ti prego, Shogun, permettimi di raggiungerli, permettimi di salvarli! Il mio posto è là! Da solo non sono niente, faccio schifo, ma insieme possiamo farcela!"
A un tratto il peso della presenza si affievolì. Ora si sentiva disprezzato, ma almeno non in pericolo. Se lo fece bastare.
Raggiunse i controlli e girò quella che sembrava una manovella di accensione.
Lo sbalzo lo gettò a terra. Si stava muovendo, ma gli schermi non mostravano niente di quello che c'era fuori, e comunque non rispondeva ai comandi. Stava guidando lui.

Alan aprì di nuovo il portatile e osservò le immagini dal satellite, mentre cercava di usare il cellulare per capire le sue coordinate.
Si sentì un grosso frastuono, che riconobbe subito: era la barriera del suono. Diamine, stava andando molto veloce...
BANG!
Ancora... bene, siamo già a velocità di crocera...
BANG! BANG!
...ehi, un secondo... erano tre? Quattr...?
BANG!
Turner si aggrappò al sedile e cercò di concentrarsi di nuovo. Doveva fermarlo, non sarebbe servito a molto arrivare come una meteora infuocata e distruggere ogni cosa...
BANG!
"Adesso basta!" urlò il ragazzo "Ti supplico! Così ucciderai tutti!"
Chiuse gli occhi e per un attimo pensò di meditare, ma era impossibile con quel frastuono. "NON È COSÌ CHE SARAI LIBERO! COSÌ DISTRUGGERAI MIAMOTO E TUTTA LA TERRA!" urlò.

Alan aprì di nuovo gli occhi. Gli schermi erano accesi, un blocco con una cloche e vari strumenti era calata dal soffitto davanti al sedile.

"Okay" il ragazzo respiro profondamente, "facciamolo", disse impugnando i comandi. "...ma non diciamolo a Miamoto."

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